Stewardship: una parola di vecchio stampo con un nuovo significato
di Roberto Crivello e Anna Taraboletti Segre
Da anni si parla della facilità con cui l’inglese si presta alla creazione di neologismi. Presi dall’entusiasmo (o dalla frustrazione), spesso anche i traduttori si arrendono alla pratica ormai diffusa di lasciare in inglese le parole per le quali non si riesce a trovare agevolmente una soluzione adatta in italiano. Abbiamo notato questo fenomeno con stewardship, una parola non facile da tradurre, ma così insolita anche in inglese che viene da domandarsi se in questi casi la creatività dipenda non solo da un fattore linguistico, ma anche dalla capacità di uscire dagli schemi tradizionali.
Secondo il Websters New World Dictionary (1980) steward è “la persona incaricata dell’andamento di una casa signorile o di una proprietà terriera, a cui è affidata la supervisione delle cucine e del personale di servizio, ecc.”. Di umili origini (stigweard indicava il guardiano della stia), il termine steward ha acquistato col tempo significati diversi, tra cui dispensiere, cambusiere, Siniscalco di Corte (Lord Steward of the Household) e infine l’equivalente maschile di hostess sugli aerei civili prima che per entrambi i sessi venisse adottato il termine politicamente più corretto di assistente di volo.
Da steward (riferito alla persona) si è passato a stewardship (riferito all’azione), una parola relativamente nuova, tanto che non la si trova ancora nei dizionari americani del 1984. Il concetto, cioè la gestione di beni che appartengono ad altri, esiste però da secoli ed era quindi naturale che la parola stewardship entrasse nel linguaggio istituzionale, soprattutto religioso o della pubblica amministrazione.
Negli Stati Uniti, dove la divisione tra Chiesa e Stato impedisce qualsiasi tipo di finanziamento statale alle religioni, queste sopravvivono grazie al contributo dei fedeli, che si impegnano a versare fra il 3% e il 15% del loro reddito annuale. Ed ecco che, verso la metà degli anni ’90, la raccolta di fondi da parte delle varie Chiese ha cominciato a prendere il nome di stewardship campaign: a indicare che i contributi versati dai fedeli serviranno non solo a coprire le spese amministrative del luogo di culto, ma anche a finanziarne l’impegno nella comunità. Stewardship, come gestione responsabile dei beni comuni, si prestava particolarmente anche all’uso da parte degli organismi governativi che volessero dare ai cittadini un’immagine pi-ù responsabile di sé. Tra questi, il ministero statunitense per l’energia (DOE) nel 1999 ha scelto la parola stewardship per indicare il proprio impegno nella bonifica delle zone devastate dai rifiuti nucleari militari. Dall’ecologia all’industria, il termine product stewardship è stato adottato dai fabbricanti per indicare la gestione responsabile dei loro prodotti, dalla progettazione allo smaltimento, nei confronti dell’ambiente e della salute.
Il termine product stewardship è comparso in inglese anche nei testi italiani. Per esempio, definisce una delle aree di intervento stabilite dalla Federchimica per l’attuazione del programma volontario dell’industria chimica mondiale Responsibile Care®. (È interessante notare che le altre aree di intervento hanno invece titoli prettamente italiani, come “Sicurezza e salute dei dipendenti”, Protezione ambientale” e “Sicurezza dei processi”.) Ma è un concetto proprio intraducibile? Si direbbe di no, visto che anche in inglese la parola stewardship è nata con un significato ristretto per poi adattarsi semanticamente con il tempo. In italiano, l’incertezza del genere maschile o femminile (product stewardship è usato a volte al maschile, a volte al femminile) fa pensare che ci sia una certa confusione anche sul significato del termine, confermata anche dal fatto che spesso chi scrive, come nel caso della Federchimica, ritiene importante fare seguire all’inglese la spiegazione in italiano. La traduzione di stewardship quindi è necessaria per permettere a tutti, e non solo a una cerchia ristretta di eletti, la comprensione del testo; ed è anche facile se si accetta il fatto che non esiste una soluzione unica, ma che il concetto stesso si presta a diverse traduzioni: campagna di sostegno (di una chiesa, una sinagoga, una moschea), gestione responsabile delle risorse (dei boschi, del mare, dell’ambiente), ecoefficienza del prodotto (per indicare caratteristiche sostenibili sia per l’industria che per l’ambiente).