Scanner e lurker: alcuni effetti dei prestiti dall’inglese
di Roberto Crivello e Anna Taraboletti Segre
L’arricchimento del lessico avviene principalmente in due modi: per via endogena mediante i neologismi e per via esogena mediante i prestiti. Mentre i neologismi rispondono a requisiti di funzionalità e necessità comuni a tutti i parlanti – venendo a riempire le innumerevoli lacune esistenti e continuamente formantisi nel tessuto linguistico – i prestiti possono anche avere effetti negativi sull’uniformità espressiva della lingua e sui suoi processi neologici. Ciò è particolarmente evidente nel linguaggio dell’’informatica, di cui esamineremo due prestiti: scanner e lurker.
Lo scanner è l’apparecchio che legge le immagini piane (disegni, foto, testi stampati) e le converte in documenti elettronici per permetterne l’archiviazione o l’elaborazione mediante il computer. Nessun prestito integrale dall’inglese ha dato luogo a un ventaglio così ampio di opinioni su un dubbio apparentemente banale: quale sia il verbo da usare per indicare l’operazione eseguita con lo scanner. Ad anni dall’introduzione di questo dispositivo nel mercato, non ci si è ancora accordati sulla terminologia da usare.
Scandire è la soluzione proposta da chi segue una linea di ragionamento diacronica. Prima dell’invenzione dello scanner, nel settore delle telecomunicazioni si adoperava già scandire per indicare la scomposizione dell’immagine in un segnale elettrico eseguita al fine di trasmetterlo a un ricevitore televisivo, ossia un’operazione simile a quella attuata dallo scanner. Secondo i fautori di scandire, oltre ad essere tecnologicamente corretto questo verbo ha la stessa radice latina (da scandere) del verbo inglese to scan, di cui contiene tutti i significati.
Un’altra soluzione che si affaccia alla coscienza linguistica di molti parlanti consiste invece nell’italianizzare l’anglismo con un tipico procedimento di suffissazione; c’è quindi chi si trova a suo agio con uno dei possibili denominali verbali: scannerizzare (creato con -izzare, un suffisso usato spesso per coniare verbi di uso tecnico-specialistico, come computerizzare, automatizzare, impermeabilizzare, più raramente per descrivere l’atto di usare uno strumento); scansionare, meno tecnico, ma che può produrre l’alternativo scansionatore di cui troviamo qualche esempio sul web; e l’ironico, colloquiale scannare. Fra questi due poli si trovano posizioni intermedie. La variante scansire, usata nel settore informatico ma esclusa da molti dizionari [1], è probabilmente il risultato di un’ibridazione tra scandire e scansione. Infine, c’è chi preferisce una perifrasi quale acquisire mediante lo scanner oppure fare (o effettuare) lo scanning.
È interessante osservare che i sostenitori di una di queste soluzioni tendono a disapprovare con toni anche forti tutte le altre; chi scrive scandire o acquisire con lo scanner trova goffi tutti i possibili denominali verbali [2], mentre chi usa uno di questi trova risibile scandire – probabilmente perché il significato iniziale ‘analizzare versi secondo le norme della metrica’ di scandere non si è esteso a ‘esaminare’, ‘scrutare attentamente’, come è accaduto a to scan. Il risultato è una confusione sgradevole in cui, come scrive Bruno Migliorini a proposito della mancata italianizzazione di suspense “…la lingua viene meno al suo compito di strumento sociale chiaro e uniforme per tutte le classi di scriventi e di parlanti” [3].
Perché tante rese per un verbo senza che nessuna incontri il favore di tutti? Una delle ragioni per cui i neologismi riescono ad affermarsi è la loro caratteristica di non dare nell’occhio. Una parola o un’espressione nuova incontra più facilmente il favore di tutti i parlanti se si foggia su modelli già esistenti e familiari. A proposito di scanner, abbiamo visto che ognuno dei termini proposti presenta, agli occhi di alcuni, un elemento di bizzarria o di bruttezza che ne contrasta l’accettazione. Una soluzione semplice e non appariscente è invece l’abbinamento di scanner al verbo riprendere. Dal punto di vista tecnico, riprendere e ripresa descrivono esattamente la funzione dello scanner che si è cercato invano di rendere con una parola sola, ossia ‘riprodurre immagini mediante uno strumento’. Si pensi a ripresa di una scena, ripresa in esterni, macchina da ripresa. La consultazione del web conferma che le espressioni riprendere con lo scanner e ripresa con lo scanner sono quasi più popolari di tutte le altre espressioni, univerbali e no, che abbiamo illustrato.
Spesso l’uso del prestito ‘blocca’ sia la formazione di neologismi sia la rivitalizzazione di parole già esistenti nella lingua italiana. Gli esempi sono innumerevoli, da viveur (discusso in un saggio da Migliorini), che si è cercato invano di rendere con vitaiolo e che ha bloccato un possibile vivitore, a browser, che ha impedito la diffusione di sfogliatore. Nelle righe precedenti abbiamo osservato scanner, la cui importazione ha bloccato un possibile scansionatore. Un altro esempio significativo ci viene offerto da lurker.
Da alcuni anni il verbo inglese to lurk (‘appostarsi’, ‘stare in agguato’) viene usato per indicare gli utenti passivi delle liste di discussione telematiche, che leggono i messaggi inviati in lista senza mai rivelare la propria presenza. Chi agisce in questo modo è un lurker. Come c’era da aspettarsi data l’attuale tendenza nell’italiano, specialmente nei linguaggi tecnici e in massima misura nel settore informatico, lurk e lurker si stanno diffondendo come prestito integrale, insieme a lurkare e lurkatore. Il ‘blocco’ a cui abbiamo accennato si verifica nel momento in cui non si riconosce che l’azione espressa da to lurk può benissimo rendersi con spiare senza alcuna perdita connotativa tranne quella dell’alone snobistico che circonda la parola inglese; se si adoperasse spiare anziché lurkare, la coniazione del nome di agente spiatore sarebbe probabilmente molto facile. A rigore non ci si troverebbe davanti a una creazione neologica, ma semplicemente a un processo di risemantizzazione [4]. Dato che le connotazioni negative di ‘persona che esercita lo spionaggio, delatore, informatore’ sono state assunte da spia, spiatore sarebbe una resa adeguata di lurker. Ma la diffusione di lurker e lurkatore probabilmente impedirà a un possibile spiatore di entrare nell’uso.
Uno dei meccanismi fondamentali della lingua è che essa tende alla massima economia dei segni linguistici, come mostrano la molteplicità di significati di innumerevoli parole e la continua assunzione di nuovi significati da parte di parole già esistenti. L’introduzione nel lessico di lurker o lurkatore quando sarebbe già disponibile spiatore verrebbe meno a questo principio di efficienza; sarebbe come tracciare una linea superflua in un disegno tecnico o come inserire una vite inutile in una macchina che funziona.
[1] Devoto-Oli 2000-2001, Grande Dizionario Italiano dell’Uso 1999 (Gradit), Il Vocabolario Treccani, Zingarelli 2003.
[2] Un esempio lampante è offerto dallo Zingarelli 2003, che privilegia scandire e che pur includendo le alternative (scannerare, scannerizzare, scansionare), le definisce termini errati.
[3] La lingua italiana nel Novecento, Casa Editrice Le Lettere, 1990, pag. 94. Migliorini spiega anche come si sarebbe potuto facilmente ovviare all’anormalità dell’anglismo suspense (scritto anche erroneamente suspence, considerato da alcuni parola femminile e da altri maschile, pronunziato da alcuni correttamente all’inglese e da altri invece alla francese) rendendolo con sospesa, sul modello di attesa e sorpresa.
[4] Spiatore è parola precedente al 1347 (Zingarelli); compare nel Vocabolario della Crusca: ‘Vit. Cr. Guardati d’essere di strana conversazione, o d’essere curioso, e spiatore.’