Press "Enter" to skip to content

Un plastismo informatico: supportare

di Roberto Crivello e Anna Taraboletti Segre

Nel libro “La lingua di plastica”[1], Ornella Castellani Pollidori definisce il plastismo come una formula – singola voce o sintagma più o meno complesso – che dopo essersi presentata con un marchio di novità, per esempio perché assunta da un particolare linguaggio settoriale, mette in moto un meccanismo di mimesi. Il termine prolifera e ben presto si trasforma in un cliché, ovvero si finisce per usarlo anche a scapito di altre soluzioni lessicali più adeguate. Sono plastismi, ad esempio, addetti ai lavori, nella misura in cui, ipotesi di lavoro, a livello di. A questi pensiamo si possa aggiungere il verbo supportare, nell’accezione “avente una certa funzionalità”, inizialmente confinato all’informatica, ma che comincia a diffondersi anche in altri settori tecnici. (Nonostante la sua attuale diffusione nell’informatica, supportare non è stato ancora completamente assimilato in questo settore. Abbiamo visto, in alcuni e-mail inviati a un newsgroup sulla traduzione – sci.lang.translation – il dubbio che supportare non sia la traduzione più adatta e, al tempo stesso, la difficoltà di trovare espressioni alternative convincenti.)

Nel Nuovo Zingarelli del 1988, supportare (dal tardo latino, composto di sub ‘sotto’ e portare ‘trasportare’) era definito come voce arcaica di sopportare, il cui significato era “reggere, sostenere su di sé” ma anche subire, soffrire, resistere a una condizione di disagio. Alla fine degli anni ’80, cioè, sopportare era preferibile a supportare, che sembrava destinato a scomparire. Oggi invece supportare è rinato grazie all’informatica, come calco del verbo inglese to support: è, insomma, un ennesimo esempio di termine arcaico reintrodotto nell’italiano moderno attraverso l’inglese. Nella nuova versione, supportare ha acquistato due significati: nel linguaggio della meccanica e delle costruzioni indica ‘sostenere’ (“questo attuatore pneumatico è stato concepito per supportare carichi e momenti elevati”), mentre nell’informatica esprime la compatibilità fra sistemi diversi. È in quest’ultimo contesto che l’uso indiscriminato rischia di trasformare supportare in plastismo.

Poiché traducendo documenti di informatica ci si imbatte continuamente in to support, occorre anzitutto domandarsi se sia giusto cercare traduzioni alternative a supportare, cioè a un termine che, come traduzione univoca del verbo inglese, si presenta come un tecnicismo. Sappiamo che una delle caratteristiche di molti linguaggi specialistici-settoriali è la tendenza a ottenere la biunivocità del rapporto significato-significante. È qui che sorge il problema: supportare manca della caratteristica essenziale dei tecnicismi informatici, ossia la precisione del significato; come calco di to support ne ha assimilato anche l’ambiguità.

Consideriamo l’enunciato “this word processor supports graphics”. Questa frase si presta a diverse interpretazioni: il programma di videoscrittura potrebbe permettere di creare illustrazioni, di inserire immagini create da un altro programma, oppure di eseguire altre operazioni grafiche. Davanti a questa molteplicità di significati ci sono diversi modi di procedere. Se il testo spiega in che modo il programma sia in grado di operare su elementi grafici, ci si può staccare dalla traduzione letterale con una frase più descrittiva: ad esempio, questo programma è in grado di creare immagini. Se invece la funzionalità del prodotto non è chiara, si può duplicare l’ambiguità dell’originale e scrivere questo programma supporta immagini; oppure si può usare una soluzione che mantenga l’ambiguità – dato che il traduttore non può inventarsi la funzione ignota del programma – e che allo stesso tempo riesca a comunicare al lettore le qualità del prodotto: ad esempio, questo programma presenta funzionalità grafiche.

Quindi supportare non è un termine monosemantico, ma semplicemente un tecnicismo collaterale [2], ovvero un particolare stereotipo che non risponde a esigenze di denotatività, ma viene preferito per la sua apparente connotazione tecnica. Ne consegue che non è tassativo adoperarlo, in quanto staccandosi dal calco si può giungere a una traduzione più chiara. L’importante è non solo leggere il testo, ma interpretarlo. Supportare può quindi corrispondere a permettere…:

di usare, p. es., “this search program supports wildcards” = “questo programma di ricerca permette di usare caratteri jolly”;
di controllare determinate funzioni, p. es., “this switch supports network synchronization functions” = “questo switch permette di controllare funzioni di sincronizzazione di rete”;
di eseguire determinate operazioni, p. es., “this graphic mode supports drawing operations on a printer or plotter” = “questa modalità grafica permette di eseguire disegni con una stampante o un plotter”;
di realizzare uno specifico collegamento, p. es. “this palm-sized PC supports connection to various external devices”= “questo PC palmare è collegabile a varie periferiche esterne”;

o può indicare la capacità di uno strumento o di un sistema…:

di funzionare con un dato apparecchio, p. es., “this server supports up to 253 workstations”= “questo server funziona con più workstation, fino a 253”;
di rispondere a un’esigenza specifica, p. es., “The system assures that all links will support expected performance requirements of the standards”= “Per tutti i tipi di collegamento il sistema assicura la funzionalità richiesta dagli standard”.

Se supportare rimanesse confinato all’informatica, potrebbe essere non sempre e solo uno stereotipo, ma a volte una scelta in più a disposizione dello scrittore tecnico o del traduttore. Ma il termine si sta diffondendo anche in altri settori, soprattutto commerciali, spesso imponendosi su altre soluzioni lessicali e quindi appiattendo l’espressività della lingua. Lo abbiamo trovato, ad esempio, in un documento della Coop Liguria in cui si descrive una soluzione tecnologica razionale adottata per l’intero ciclo di gestione: “L’infrastruttura tecnologica, infatti, non era più in grado di supportare le esigenze di Coop Liguria e di Gruppo e le necessità che si andavano a delineare nel mondo della distribuzione”, come pure nella presentazione di un seminario organizzato dalla Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione: “Questa capacità viene chiamata la usabilità dei sistemi interattivi, che si potrebbe tradurre come la capacità di supportare un determinato utente a svolgere i propri compiti con efficienza, efficacia, sicurezza e soddisfazione”. Nel primo esempio, supportare ha scalzato rispondere, soddisfare, nel secondo permettere, rendere possibile. Abbiamo osservato anche questa presentazione – nel sito della Associazione Italiana Biblioteche – di possibili modelli automatizzati per il prestito interbibliotecario: “L’automazione può supportare gran parte delle fasi del prestito interbibliotecario…”, che se non andiamo errati vuol dire “L’automazione è applicabile a gran parte delle fasi del prestito interbibliotecario…”.

Quando viene adoperato impropriamente, supportare può interrompere inutilmente la lettura, costringendo a interrogarsi sul significato della frase. Si presenta al lettore con un’aura di tecnicità, ma non ha uno dei requisiti per l’uso nella scrittura funzionale: la chiarezza, qualità principale di qualunque tipo di comunicazione.
[1] Castellani Pollidori, Ornella (1995), La lingua di plastica – Vezzi e malvezzi dell’italiano contemporaneo, Morano Editore

[2] Secondo una definizione di Luca Serianni che leggiamo in Cortelazzo, Michele (1994), Lingue speciali – la dimensione verticale, UNIPRESS, p. 12

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *