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Parole comuni nel linguaggio tecnico: hot

in Tradurre, Gennaio 2001
di Roberto Crivello

Non molto tempo fa, a un gruppo di discussione on line di traduttori fu inviata una breve richiesta di aiuto: “[omissis] ho delle difficoltà con questi tre termini. Contesto:

The _hot-shift PTO_ turns OFF when the System ON/OFF selector is OFF (_WT transmissions_). Units with a front or rear _live-drive PTO_ or an auxiliary engine have a ‘shut off’ solenoid on the Binlifter pump to prevent oil flow when the System ON/OFF selector is OFF.”

Il termine che voglio focalizzare è hot-shift PTO. Non è mia intenzione darne qui una traduzione ‘esatta e univoca’, che non sarebbe né possibile né opportuna, data la quantità insufficiente di informazioni contenute nell’e-mail. Vorrei invece trarre spunto da questo termine per alcune considerazioni tecniche e linguistiche che possano illustrare, almeno parzialmente, il processo mentale impiegabile per risolvere problemi di traduzione tecnica.

Lo scarno contesto fornito nell’e-mail è sufficiente a far capire che si parla di prese di forza (o di potenza, Power Take-Off), ossia di quei dispositivi installabili sul gruppo della trasmissione dei trattori allo scopo di trasferire parte della potenza del motore a carichi esterni (attrezzi o altre macchine), mediante alberi conduttori amovibili dotati di accoppiamenti scanalati. Mentre la traduzione più immediata di shift nel settore della meccanica sarebbe ovviamente innesto, come va tradotta la comune parola hot? Si potrebbe pensare al traducente immediato caldo, magari come punto di partenza?

È noto che in inglese si incontrano spesso ridefinizioni semantiche di parole della lingua comune, come in questo caso, mentre non si riflette forse abbastanza sul fatto che in italiano non si può mai essere sicuri se una ridefinizione semantica analoga sarà accettabile, in quanto nell’uso della nostra lingua si osservano soluzioni molto diverse, anche nello stesso settore scientifico.

Per esempio, con riferimento a un settore con cui probabilmente molti più traduttori hanno dimestichezza, quello dell’informatica, in certi casi si recepiscono prestiti integrali (mouse, drive, handle, scanner e così via), mentre in altri casi si italianizzano prestiti con il tipico meccanismo della suffissazione, creando magari termini come masterizzatore (CD Writer) con i quali ci si allontana dall’immediata comprensibilità che sarebbe offerta da *scrittore per CD (analogo alla controparte lettore per CD, invece utilizzata); in altri casi ancora invece l’italiano mostra una notevole dose di creatività, per esempio indicando con accatiemmelista (HTML Writer) lo specialista nella preparazione di documenti per il web.[1]

Tornando a hot e al traducente che viene subito alla mente, caldo, in genere quest’ultimo si adopera per significare il procedimento tecnico ‘a temperatura molto alta’, ad esempio hot-stamping, hot-rolling (stampaggio, laminazione a caldo) e così via, anche se esistono significati che, pur essendo meno immediatamente riconducibili all’idea di temperatura elevata, trovano la loro giustificazione nell’idea di ‘attività’ o ‘funzionamento’; per esempio nel settore elettrico hot outlet è una presa sotto tensione. Un uso accettabile del calco caldo si trova nell’espressione hot swappable (sostituibile a caldo), impiegata nel settore dell’elettronica per indicare la possibilità di sostituire un componente (p. es. la batteria di un UPS, ossia un gruppo di continuità) senza bisogno di spegnere il sistema.

Avrebbe senso, per analogia, scrivere innestabile a caldo? Una ricerca fatta sul web in siti inglesi di produttori di veicoli e dispositivi industriali rivela che, a seconda del produttore o del committente (se si tratta di capitolati), il termine hot-shift PTO può avere più significati, sia pure affini tra di loro, riguardanti il tecnicismo innesto. Nei siti italiani analoghi, invece, si trovano solo casi in cui caldo è impiegato con il significato di procedimento tecnico ‘a temperatura molto alta’ a cui ho accennato in precedenza. Quando un autoveicolo è in funzione, si parla di caldo solo per i liquidi di raffreddamento, ma non per componenti di trasmissione del moto quali cambi, frizioni, prese di forza, ecc., a meno che non si vogliano indicare condizioni anomale di funzionamento.

La soluzione sembra risiedere in un altro significato di hot meno comune, ossia diretto, che troviamo in termini sia moderni come hot links (ancora dall’informatica, ormai spesso non più tradotto data la forte tendenza in questo settore all’uso dei prestiti integrali, ma facilmente traducibile con collegamenti diretti in base al significato), sia risalenti a un’epoca precedente a quella del computer, ossia hot line (linea diretta). L’aggettivo comune diretto, ‘senza passaggi intermedi’, diventa infatti parte di una locuzione tecnica precisa nell’espressione presa diretta: ‘condizione del cambio di velocità in cui il moto passa direttamente dall’albero d’entrata a quello delle ruote’ (dal Devoto-Oli).

Qui, finalmente, ci riagganciamo al punto di partenza, ossia alla presa di forza e ai modi con cui può essere collegata e scollegata dall’albero che trasmette la potenza del motore. Nell’esecuzione più comune, infatti, una presa di forza impiegherà una frizione a comando manuale che ne consentirà l’innesto e il disinnesto; tuttavia si possono avere soluzioni più sofisticate che fanno a meno di una frizione manuale, consentendo l’innesto diretto, oppure che consentono un innesto progressivo, o ancora un innesto automatico, e così via. A questo punto, la traduzione accettabile potrà naturalmente trovarsi solo in base a un’attenta lettura dell’intero documento e non certo da una frase singola. Come abbiamo visto, esistono infatti altre possibilità, la cui valutazione accurata dipende dal contesto: il traducente adeguato di hot-shift potrebbe anche non essere a innesto diretto, bensì che non richiede frizione, a innesto progressivo, a inserimento automatico e così via.

In base a quanto fin qui esposto si possono fare alcune riflessioni su uno dei requisiti del traduttore tecnico: trovare il punto di equilibrio tra la specializzazione esasperata e la dispersione delle proprie energie intellettive su argomenti molteplici.

Un traduttore che decida di specializzarsi nelle traduzioni di argomento medico senza avere una comprensione basilare di argomenti di meccanica o elettronica rischia di non comprendere, sia pure inconsapevolmente, alcuni aspetti delle apparecchiature di cui traduce i manuali: per esempio, i sistemi di alimentazione e i sistemi di rilevazione dei segnali elettrici oppure i meccanismi di azionamento delle strutture mobili di un tomografo.

Chi lavora soprattutto nel settore dell’informatica e conosce a fondo i glossari e le schermate dei sistemi operativi, ma non sa come funzioni un modem o un router, potrebbe impantanarsi se non sa che per questi apparecchi training è sì un addestramento ma solo ‘virtuale’, perché il traducente qui è trasmissione della sequenza di sincronizzazione.

Poiché ovviamente non è possibile sapere tutto di tutto, il traduttore tecnico dovrà almeno cercare di acquisire conoscenze di base in quei settori che, con grande probabilità, s’intersecheranno spesso con quello in cui si è specializzato. In questo modo potrà gradualmente sviluppare la capacità di stabilire mentalmente collegamenti tra significati, espressioni e termini affini e di valutare l’adeguatezza delle analogie stabilite.

[1] Sorprendentemente questo neologismo non è registrato in molti dizionari moderni della lingua italiana, compresi il Grande dizionario italiano dell’uso a cura di Tullio de Mauro, lo Zingarelli 2000, il Dizionario Italiano Sabatini Coletti e il Devoto-Oli 2000, da me consultati, pur essendo parola attestata almeno al 1995.

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